mercoledì 16 ottobre 2013

Libertà senza Libero Arbitrio (Prima parte)

LIBERTÀ DI SCELTA
Credo che un presupposto da tutti coloro che credono che vi siano valori politici che accomunano tutti gli esseri umani possano condividere, e sul quale non vi è malinteso, è il seguente:
A)     Gli individui nascono liberi, e ciascuno vive rapporti con altri individui, liberamente; nel senso che tali rapporti non sono  costretti da terzi ad essere messi in atto. Gli individui inoltre sono liberi nel senso che possono liberamente utilizzare tutti i beni che sono in loro legittimo possesso, per fini autodeterminati, a patto che ciò non violi la stessa libertà di terzi.
Le argomentazioni che possono supportare queste affermazioni sono molte, e nella storia della filosofia morale e politica se ne possono trovare moltissimi esempi. Ma per adesso vorrei occuparmi piuttosto di cercare di chiarire quali sono le caratteristiche  intrapsichiche e comportamentali, connotanti la libertà, che fungono da condizioni sufficienti per le quali noi possiamo dare al termine “Libertà” un significato che possa essere usato nei nostri discorsi in modo comprensibile. Rimanderò ad altro postil problema più schiettamente etico e politico.
Come capiamo che gli esseri umani sono liberi?
Di fatti, non lo capiamo, nel senso che non possiamo capire a cosa si riferisce il termine libertà, poiché non vi è nessuna “cosa”  a cui “Libertà”  si riferisce.
La libertà non è un oggetto materiale ovviamente, ma piuttosto un oggetto puramente astratto. Essa è più precisamente un evento il cui protagonista è un organismo umano (e anche animale, come vedremo) che compie degli atti che noi presupponiamo essere atti di scelta
Cos’è un atto di scelta? Un atto di scelta è un certo atto che viene portato a compimento in alternativa ad un altro atto. La scelta dunque ha una sua estensione materiale, che si concretizza nell’atto di scelta, ed un presupposto stato mentale, che si immagina consistere in una alternativa all’atto di scelta. Si presuppone cioè una decisione, cioè una ponderazione tra più atti immaginati, e una selezione di uno di questi atti.

Deliberazione
Ora abbiamo qualche elemento in più per comprendere come potremmo fare per accorgerci che un essere umano è libero. Ciò che possiamo vedere è semplicemente l’atto di scelta, cioè l’effetto comportamentale del processo di scelta. Da un atto noi non riusciamo ad inferire se vi sia stata una ponderazione e una selezione delle azioni che poi sono state effettuate nella realtà. Non riusciamo cioè a desumere il processo di deliberazione della scelta. D’altro lato però noi possiamo non limitarci all’osservazione di un singolo segmento del comportamento individuale. Possiamo osservare, e tutti i giorni lo facciamo, il flusso del comportamento individuale, e partecipare di molti atti di scelta. Questo flusso ha una caratteristica che può aiutarci nell’impresa. Se facciamo attenzione alla messe di atti che individuo compi giornalmente ci accorgeremo che essi non solo variano a seconda di quale sia la materia sulla quale si deve agire, ma spesso anche negli atti che si riferiscono alla medesima materia, in altre parole, l’indiiduo non si comporta diversamente solo quando ha a che fare con situazioni diverse, ma può comportarsi diversamente anche quando ha anche fare con la medesima situazione per una seconda, o terza volta, dimostrando così una certa imprevedibilità e non automaticità di comportamento.  La variabilità e la indeterminatezza del comportamento, almeno sui tempi lunghi,  possono in effetti lasciarci presumere che “dietro” agli atti effettivi vi sia un qualche processo di deliberazione, il quale a sua volta spiegherebbe la variabilità e l’indeterminatezza del comportamento.
Chiariamo subito che tale processo non deve per forza verificarsi consciamente, né deve necessariamente essere una funzione di un certo organo biologico – il cervello per es. – piuttosto che un altro, o dell’insieme degli organi. A noi basta convenire che il processo di deliberazione è un entità astratta che ci permette di dare un senso al comportamento umano. D’altra parte, tale entità può funzionare da riferimento quando parliamo di libertà. Quando dunque usiamo la parola “libertà” in un qualche contesto intendiamo dire, ceteris paribus, che in quel contesto è coinvolto un essere umano, che è alle prese con un processo di deliberazione, cioè di ponderazione di azioni e selezione di azioni, che potrebbe terminare con un atto che chiameremo atto di scelta

Libertà animale
La libertà così intesa diviene anche potenzialmente misurabile.  Seguendo la traccia del processo di deliberazione, infatti,  possiamo dire che Il tasso di libertà di un animale di qualsivoglia specie si misura dalla variabilità comportamentale e dalle abilità cognitive che esso possiede. Un essere che, pur seguendo regole, non è mai interamente prevedibile lascia intendere che l’”essere” sia proprio libero, cioè capace di variare le strategie adattive.
1.       Imprevedibilità: non vi è modo di predire l’intero corso del comportamento di una persona (come anche di situazioni in cui son in ballo molti tipi di eventi)
2.       Variabilità: vi sono un numero alto di strategie comportamentali in gioco, a seconda delle micro nicchie socio ecologiche in cui si agisce,  e un alto tasso di socialità in generale.
Naturalmente la variabilità e l’imprevedibilità del comportamento è misurabile in altre specie animali, e certamente deve essere un tratto molto diffuso in natura

Valore della libertà
Fin’ora ho cercato di trovare un modo che ci mettesse in grado di dare una definizione più stringente di libertà. una definizione che ci permettesse di parlarne con maggiore cognizione di causa. Ma la Libertà come processo di deliberazione non ci dice nulla sul valore, in termini morali e politici, della libertà stessa. Non ci aiuta dunque a rendere più chiaro il senso di A.
Essa, più precisamente, chiarisce quale sia l’oggetto di valore della questione della libertà: Noi riteniamo che la nostra libertà non può venire soppressa perché crediamo che il soggetto scelga qualcosa, e non pensiamo che ciò che egli o ella sceglie sia qualcosa di interamente predicibile tramite un qualche tipo di calcolo. La scelta che faccio non è prestampata in un modulo il cui svolgimento comprende l’intero dispiegarsi del mio comportamento, o almeno dei tipi di risposte che metto in atto.
È proprio perché riteniamolo impredicibile che  i scelga x, che diamo l’attributo di scelta a quell’evento in cui il soggetto i è coinvolto scegliendo x.
Come potremmo dare un valore ad x, se sapessimo che ciò che si è verificato non è stato un atto di scelta, un evento sociale ed astratto, ma solo un evento biologico dato dall’insieme degli eventi biologici di uno o più organismi entro un certo lasso di tempo?
La scelta come output di un processo di deliberazione è dunque un oggetto di valore. Ma ciò non dice nulla su quale sia la fonte di quel valore. Perché diamo valore alle scelte?
Noi inferiamo la libertà dal comportamento, o meglio dall’analisi del comportamento di un individuo “nella sua dinamicità e nell’arco della durata”. L’evoluzione del comportamento e l’individuazione dei suoi costumi più frequenti è ciò che possiamo realmente misurare del comportamento animale e umano con riferimento all’esercizio della libertà.
Prima di affrontare il problema del valore delle scelte, affronterò brevemente quello del Libero Arbitrio. Ciò mi permetterà di chiarire alcuni concetti riguardanti la natura umana che saranno utili anche per le problematiche etiche

La libertà come Libero Arbitrio
La concezione della libertà, secondo la dottrina del cosiddetto “Libero Arbitrio”, è tutta poggiata sull’ipotesi che vi sia un soggetto unitario, nella sua essenza, anche se composto da varie sub strutture funzionali (cerebrali, psicologiche, biologiche ecc.) a cui imputare il l’”iniziazione”  di ogni suo atto libero. L’atto è ponderato, selezionato e messo in esecuzione, come avviene nel processo di deliberazione. Ma non è questo che connota l’atto come libero. Esso è libero in quanto la fonte che lo realizza è dotata di una proprietà speciale che causa il processo di deliberazione. Il Soggetto unitario, od una parte di esso ritenuta centrale e gerarchicamente protagonista (l’anima, l’intelletto, lo spirito ecc.) sono equipaggiati di una sorta di “libertitudine” (la proprietà speciale di cui parlavo sopra)che rende liberi gli atti tramite un processo di deliberazione, e non grazie a tale processo.
Nel quadro appena  tracciato Il Soggetto cela nel buio della sua mente, o anima, la decisione positiva o negativa iniziale nei rispetti di una certa azione. Il Soggetto in questo modo , cioè grazie all’iniziazione del processo deliberativo, diviene anche responsabile del suo atto.
Come abbiamo visto, Libertà è un termine astratto che si riferisce ad un processo di deliberazione composto di varie fasi, cioè la ponderazione degli atti possibili, la selezione degli stessi e la loro esecuzione.
Mentre nella concezione della libertà come Libero Arbitrio il processo deliberativo non è il cardine della libertà, poiché questo ruolo centrale è ricoperto da un qualche stato interiore del soggetto di cui costituisce una proprietà speciale, dal quale il processo prende le sue fila.
Bisogna subito notare che sia il processo deliberativo che la proprietà speciale, la “libertitudine” dell’IO sono entrambe stati interiori presupposti nel soggetto. Ciò che li differenzia è il fatto che mentre il processo deliberativo è inferibile dal comportamento, almeno come ipotesi capace di spiegarne le tipicità, la proprietà speciale non è inferibile in alcun modo. Essa assomiglia molto al coleottero di Wittgenstein.  
Non possiamo sapere se un comportamento è libero perché è derivante da un processo di deliberazione o perché tale processo di deliberazione dirige il comportamento perché a sua volta esso è direzionato verso il comportamento da un secondo meta elemento, che consta di uno stato interiore non altrimenti conoscibile. Ciò che possiamo ipotizzare, dato l’effettivo comportamento degli individui, è che in essi si svolga un processo deliberativo, ma dobbiamo fermarci lì.

Il Soggetto Substrutturato
La consistenza del modello della Libertà come Libero Arbitrio è messa in dubbio anche da un altro fatto: la credibilità dell'esistenza di un soggetto unitario che dovrebbe essere portatore della proprietà speciale della libertà. Se seguiamo le scoperte scientifiche biologiche e neurobiologiche di praticamente gli ultimi duecento anni, ci accorgiamo che il Soggetto non è affatto unitario. Esso non è composto da un continuum, ma da innumerevoli sezioni discrete, o parti, che compongono tanto la sua forma biologica che il suo apparato cognitivo - comportamentale.
Non sto dicendo, come l’ultima filosofia, che il soggetto sia “destrutturato”. Esso è piuttosto Sub – Strutturato. Conserva una sua struttura, la cui stabilità è indipendente dai contesti o dai mezzi cognitivi con i quali la si osserva. In essa moduli biologici e psicosociali si interpolano all’unisono, creando una miriade di passaggi di mutua informazione, conducendo  verso la sopravvivenza dei moduli stessi, nel loro maggior numero possibile, ( e dunque facendo sopravvivere l’individuo.)
Di nuovo, questo non vuol dire che il soggetto scompare. Esso va solo visto con occhi diversi. Non c’è una caratteristica “magica”, un’essenza unificante,  che fa di un essere umano un essere umano. E’ l’insieme delle sub strutture cognitive e biologiche, nella loro variabilità,  a dare il disegno personologico e attitudinale di ognuno di noi. La “magia” sta nella coordinazione delle parti che producono un comportamento unitario del soggetto tale che percepiamo, nelle sue risposte comportamentali, il  soggetto come effettivamente unitario.  
La substrutturalità del soggetto, il suo essere un “composto” a cui si da una specie di nome collettivo, dunque, non lo distrugge; impone solo di cambiare gli strumenti col quale guardare alla Libertà.
Secondo questa interpretazione del soggetto, La libertà è data dalla capacità di tutte le sub strutture che compongono un individuo - e che tutte insieme danno vita a quello che noi indichiamo come l’organismo individuale - di agire variabilmente e impredicibilmente  tramite strategie che utilizzano le loro strutture fisico biologiche.
L’unicità del singolo organismo non sta nella forma particolare che i geni e la storia di vita personale  hanno dato ad un organismo umano. La sua unicità sta nell’insieme delle sub strutture che, nella loro estrema variabilità interindividuale, finiscono per orchestrare un individuo sempre diverso dall’altro.

La libertà dunque sta in ciò che si percepisce nell’analisi del comportamento di certi esseri viventi, e prende vita secondo le forme di comportamento che i moduli biocognitivi che interagiscono in un organismo producono.   

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