Berlusconi
è sempre in sella. È condannato in via definitiva, è vicino alla decadenza da
senatore, e appena un poco più lontano, si avvicina la pena da scontare. Ma
tutti, della sua parte politica, ne parlano come se tutte queste vicissitudini
che da qui a poco dovrà affrontare non dovessero entrare tra le informazioni
utili per scrivere l’agenda. Berlusconi, dicono i “lealisti”, decide tutto, è
il leader, e non si discute. I “democristiani” rispondono che si è così, e poi
si limitano ad aggiungere un “però” di figura. Su cosa siano divisi resta un
mistero. I secondi in effetti sostengono che tra i primi vi siano degli “estremisti.
Cosa intendono con questa parola? Si riferiscono forse a tutta quella massa di
parafascisti di folklore che anima la destra della destra: Santanchè, Sallusti,
Biancofiore Mussolini ecc. e qui i novatori hanno ragione: costoro non
riuscirebbero nemmeno a portare avanti un circolo di canasta, figuriamoci un
partito.
In
realtà Giovanardi ci dice che “quelli” non vogliono un partito vero, col suo
carro pesante di congressi, federazioni, segretari di circolo o di sezione, ma
un partito iperleggero, cioè composto solo da Berlusconi e i suoi famigli (e
forse familiari)
Come dar
torto a Giovanardi? Berlusconi ha 77 anni, e ha almeno un paio d’anni, proprio
a farla felice, ma che potrebbero diventare sei, di panchina forzata. Mettiamo
anche che il PDL-FI vinca le prossime
elezioni, come lo fa il padre nobile, Berlusconi, dai servizi sociali? Tra una pulitura di cesso
e un servizio alla mensa redigerà l’ordine del giorno del CdM presieduto da
interposta persona? E chi sarebbe codesta? E perché costui o costei dovrebbe
dar retta ad un anziano signore che è al servizio sociale per frode fiscale?
Ma l’atmosfera
è surreale. Nessuno, tra gli “innovatori”, tanto meno Alfano, ha il coraggio di
far notare che ormai il re è nudo, e che andrebbe vestito, e fatto accomodare.
No, anzi sembra proprio che sia Alfano a gettare la spugna,e ad adeguarsi al
nulla primordiale che aspetta il PDL-FI. Il timore reverenziale davanti al Gran
Sacerdote, al Papa azzurro colpisce il senno dei componenti la sua cerchia.
Pur
sapendo che essi devono trovare un “erede”, a costo di cercarlo tra quelli
reali, costoro non riescono a vedere al di là del loro naso, o meglio del naso
di Berlusconi, e rimangono impelagati in questo vociare di comari quotidiano,
questi litigi tra cortigiani, al capezzale del re “morente”. Sì, perché la
risposta potrebbe essere proprio lì, non nel “re”, ma nella “corte”. Si può
stare senza re ma non senza reame. Come sarà la destra dopo Berlusconi? Che ne
sarà dell’appoggio dell’apparato comunicativo Mediaset Publitalia? Che ne sarà
dello stuolo di avvocati, di tutti i manager Fininvest?
E la
domanda,sbagliata, che si pongono nel centro destra: chi può ereditare il “carisma”
di Berlusconi?
Chiaramente
nessuno. E per fortuna. Se l’intento degli “innovatori” è quello di
normalizzare la politica italiana costruendo un partito sullo stile della CDU
tedesca, o del PPE, allora nessuno deve
avere quel carisma. Il carisma berlusconiano è quello del dittatore non dello
statista; Berlusconi è un Duce, un Fuhrer. Naturalmente solo il carisma: da
dittatore ma senza dittatura, da duce ma senza fascismo, da Fuhrer ma senza
nazismo.
Mentre
il carisma dei leader dei normali paesi democratici è egualitario. Non c’è
identificazione personale tra elettore e eletto, in un rapporto servo padrone,
o figlio padre, ma una identificazione ideologica. Il leader democratico
convince, non sovrasta. Insomma l’eguaglianza politica tra i cittadini vale
anche tra leader ed elettore, e deve essere una eguaglianza morale e culturale
prima che giuridica.
Ciò che
il cdx deve fare è proprio rieducare il popolo egli elettori di Berlusconi a questo
tipo di leadership, basata sull'eguaglianza, sul convincimento e sulla comune
ideologia. Mentre invece quel che si cerca è il paragone tra Berlusconi e il
suo eventuale erede. Quando non serve un erede, ma proprio l’opposto, serve che
la dinastia finisca lì dove è cominciata