giovedì 28 novembre 2013

Berlusconi ha ucciso sul nascere il liberalismo italiano

Ora che Berlusconi è decaduto da senatore, sarà libero di scorrazzare, salute permettendo, per tutti i talk show, e ripetere il mantra che già i suoi sodali/dipendenti stanno cominciando a recitare: la solita canzone dei comunisti e dei liberali. Gli italiani dimenticano in fretta, perché non imparano, pigri come sono. Già vent'anni fa era riuscito a vendere loro gli specchietti e le collanine del "liberismo", del "Thacherismo", del "mercatismo", come direbbe Tremonti. E con pochi spiccioli una nazione intera ai suoi piedi. Facile no? Se gli è riuscito una volta, perché non farlo di nuovo? 
Ma la verità è che la stella berlusconiana ha bruciato anche questo: la possibilità di una trasformazione da parte del popolo italiano tramite il mezzo più inflessibile, e che non concede proroghe, il mercato. 
Ed ha bruciato anche ogni possibile istanza che ruotasse intorno al concetto di libero mercato, magari partendo da punti di vista meno ferrei di quelli liberisti classici. 
Il liberalismo italiano è marchiato per sempre dal berlusconismo. Una ideologia senza radici, una ideologia dell'oggi e del qui, fatta di uomini senza qualità e donne sante e puttane, ha fagocitato anche quest'ultimo anelito di speranza di cambiamento, distruggendo, in Italia, una tradizione centenaria, in soli vent'anni. . 
Bloccati, come sempre, tra due conservatorismi, di destra e di sinistra; intrappolati tra un concetto di socialdemocrazia che non ha più patria e non ha più senso, e una nube gassosa composta da integralisti religiosi, populisti razzisti di ogni risma, e la destra radicale fascistoide. Il liberalismo, nella sua versione thacheriana o blairiana è decaduto con Silvio. 

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