L’esempio della Cina ci dice molto sulla percezione che
gli italiani hanno dei processi economici internazionali.
Essi credono che le economie siano governate da una sorta
di Grandi Orchi malvagi, che vogliono il declino delle economie avanzate a
favore di economie in via di sviluppo fatte da morti di fame disposti a tutto, piccoli
gnomi degenerati, che fanno da famigli agli orchi suddetti.
La Cina non ha dovuto fare grandi sforzi per diventare una
delle più importanti economie del mondo: ha, banalmente, liberalizzato,
privatizzato, e favorito l’integrazione economica tra gli attori interni e
quelli internazionali. Questo ha messo in moto uno sviluppo tale che, in 30
anni, lungi dall’aver creato nuova miseria e sfruttamento, ha permesso di fare
uscire dalla povertà decine di milioni di persone.
Ciò che è successo è simmetrico a ciò che accadde a
moltissimi paesi europei, tra cui l’Italia, nel corso del secolo passato:
produzioni via via sempre più obsolete per il livello di innovazione,
tecnologia e redditività, furono spostate da aree sempre più sviluppate, a aree
in via di sviluppo. Cioè, furono “delocalizzate”, come si dice oggi, in paesi a
più bassa produttività, che sono però ance a basso costo del lavoro, cosa che
risulta molto utile quando si vuole mantenere un buon saggio di profitto su
produzioni obsolete.
Nulla di nuovo sotto il sole. Eppure le persone vedono
tutto ciò come se accadesse oggi per la prima volta. E tutti si lamentano. La
Cina è diventata il nuovo impero del male. “Ma cavolo, ma fanno tutto in Cina!”,
urlano stittizi gli indignados dell’economia internazionalizzata. Ma nessuno si
chiede il perché fanno tutto lì. “Perché costa meno, e così LORO (il LORO non
manca mai nell’indignado popular populista sia leghista che comunista) ci guadagnano”.
Eh, ma perché ci guadagnano? Silenzio poi “perché gli operai li pagano a
lenticchie!”. Certo, ma perché questo dovrebbe farli guadagnare! Silenzio.
Perché, caro il mio comunistetti, caro il mio leghistetti,
meno paghi l’operaio e minore è il prezzo che puoi fare, e dunque maggiori sono
le chance di vendere. E se il prezzo è minore, tu, dall’altra parte del mondo,
potrai dedicare una parte inferiore del tuo reddito monetario per comprare quel
prodotto lì. Il Grande Orco Cattivo ci guadagna in profitto, tu in risparmio, e
l’operaio migliora – anche se, ce ne rendiamo conto, di poco e in modo
insufficiente – la propria situazione. questa è la globalizzazione, e questo,
al contempo, non è il problema.
Il problema è locale, non globale. La globalizzazione è
libertà di movimento dei capitali finanziari, di investimento e liberoscambismo,
cioè dazi bassi e quantità vendibili non irreggimentate. Nulla di pià
Il problema è la NOSTRA economia: Produttività stagnante,
assenza di innovazione, nanismo industriale, metà paese nel medioevo feudale
ecc.
La Cina è lontana, purtroppo
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