Per anni in Italia si è riversato tutto il carico della protezione e
della tutela sui lavoratori anziani. Si diceva, siccome sono anziani,
allora sono anche mentalmnte vecchi, e dunque obsoleti, e allora meno
produttivi, perciò dobbiamo salvarli dalle selvagge scorribande della
globalizazione. Poi, io, scorrendo non ricordo più quale fogliaccio
divulgativo di economia, scopro che è proprio vero l'opposto. I lavoratori
anziani sono stracarichi di esperienza, sia specifica del loro campo,
che generale dell'ambiente di lavoro. Ed hanno accumulato talmente
tante capacità, spesso addirittura inconsapevolmente, che sono molto più
produttivi dei giovani. Del resto, se vi voleste far rifare la cucina,
vi affidereste a vostro nipote che fa l'apprendista falegname o al
falegname con 20 anni di esperienza che gli sta dietro? Così, mi sono
detto, hanno sbagliato tutto, forse dovevano favorire i giovani, più che
favorire gli anziani. In realtà nemmeno questo. Sarebbe stato peggio.
Le riforme del lavoro degli anni '90 portarono tutto sommato a periodi
discreti per il tasso di occupazione. Proteggere il posto di lavoro dei
giovani avrebbe significato semplicemente disincentivare le assunzioni,
per lo stesso motivo per cui se negli anni 50 non vi fosse stata nessuna
forte riprovazione morale contro il concubinaggio e il matrimonio fosse
stato, come efettivamente era, indissolubile, adesso nessuno di voi
sarebbe figlio di genitori sposati. Ma la strada scelta fu quella del
cosiddetto "dualismo" protettivo, cioè protezionista. Io credo che
questo accadde per mero lobbysmo. Mi sono abituato a credere che quando
una cosa la fa/non fa sia la destra che la sinistra, allora è raccolta
di voti di lobby. Gli anziani sono di più, o forse contano di più dei
giovani, o semplicemente votano in maniera più ordinata e unitaria, e
con un tasso di partecipazione al voto maggiore, mentre i giovani sono
giovani, e non sanno nulla del loro futuro, e per questo glielo rubano.
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