venerdì 10 ottobre 2014

La Necessità del Caso




 
I sostenitori del ritorno alla religione e alla tradizione contro il secolarismo e il laicismo “scientista” sostengono che il mondo descritto da questi ultimi è un mondo dominato dal caso, in cui niente è vero perché tutto, per essere preso in considerazione, deve essere falsificabile e, dunque, potenzialmente falso.
Se nulla è vero allora tutto il valore è valore soggettivo; una soggettività in qualche modo assoluta, che non ha nessuna oggettività in base alla quale formarsi. Tale l’altro male letale del laicismo scientista: il relativismo morale e dei costumi.
 Il caso di cui parlano non è però affatto un “valore”, o una idea elaborata nei pensatoi degli scienziati (i quali sono preposti a fare altro che a “fingere hypotheses”), ma è un aspetto della realtà. Ma un solo aspetto, non l’unico. D’altra parte anche il motto “il caso e la necessità” è di difficile digestione per i religiosi. Non comprendono costoro come leggi di natura, cioè regolarità in base alle quali si può calcolare il corso degli eventi, possano coesistere con eventi del tutto imprevedibili. La gran messe di oggetti naturali infatti sono soggetti ad una infinità di pressioni e leggi della natura, in modo tale che la costituzione dei loro stati finali è del tutto impredicibile.
Sembra invece che nel termine “casuale i religiosi vedano già qualcosa di intrinsecamente negativo. Il diavolo è il re di questo mondo perché egli “governa il caso”. Ma non può esser così naturalmente. Poiché se il caso ha un governo, se il terremoto viene per punire i gay, per esempio,  allora non è un caso. Ma essi preferiscono “dare un senso al caso”, cioè volontariamente e “scientemente” fraintendere la natura della casualità, pur di non arrendersi ad essa.  L’impredicibilità dei fatti naturali mostrerebbe che la natura non è generata con uno scopo, secondo un progetto, svolgendosi essa come in un una sorta di programma predefinito. Se vi è caso non vi è progetto, e se non vi è progetto non vi può essere progettista, ma soprattutto non vi è senso, non v è coerenza progetuale. Ma, il fatto che vi sia casualità naturale non implica l’impossibilità di un progetto, ma semplicemente impossibilità di una certa tipologia di progetti, cioè quella basata su una programmazione rigida, in cui “tutto è scritto”. Ma molti progetti nascono su contingenze, e si sviluppano lungo corsi improvvisati, inaspettati ma che, nel loro dispiegarsi, riempiono di senso l’azione dell’agente che la direziona piuttosto che svuotarla. Il caso, lungi dall’essere nemico del senso, procura ad esso il materiale sul quale esso si cistruisce. Certo, il caso è amico dell’uomo, e non di Dio. È l’uomo infatti che può giocare con le contingenze e la “fortuna” per arrivare ad uno scopo superiore, fiutando il corso naturale degli eventi. È l’uomo che può perfino lasciarsi trasportare dal fiume delle cose e giungere lo stesso ad una riva più sicura di quella da cui si è partiti. Perciò quel che manca al mondo della scienza non è la progettualità, ma la progettualità magico-teistica del “tutto ha un senso”; non manca il senso, ma un meta senso universale presente in ogni cosa No, il mondo produce senso solo quando l’uomo “lotta” contro di esso per accaparrarselo, per rubarne i segreti ed usarlo per i suoi scopi.
Mi chiedo cosa perderemmo nel fare a meno di migliaia di interpretazioni e soprattutto sovrinterpretazioni dei fatti casuali, senza la benché minima speranza di cavare un ragno dal buco. Siccome il caso è dunque difficile da digerire, torniamo a trarre il futuro dalle interiora degli uccelli, quindi.
Il caso, lungi da ostacolare lo sviluppo delle qualità propriamente umane dunque, lo favorisce. È un prezioso alleato. Certo, ognuno è libero di leggere nella trama degli eventi casuali la mano della provvidenza, ma non può sostenere che se questa mano non c’è allora tutto ciò a cui quella trama conduce è privo di fondamento e senso. È piuttosto questo disegno dettagliato della storia che la provvidenza disegnerebbe sulla nostra taglia a comportare una deprivazione insopportabile della nostra capacità di partecipare creativamente alla grande commedia. Se c’è il caso non c’è il senso? No! Se c’è il senso assoluto e assolutista della religione non c’è libertà!

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