LIBERTÀ DI SCELTA
Credo che un presupposto da tutti
coloro che credono che vi siano valori politici che accomunano tutti gli esseri
umani possano condividere, e sul quale non vi è malinteso, è il seguente:
A)
Gli
individui nascono liberi, e ciascuno vive rapporti con altri individui,
liberamente; nel senso che tali rapporti non sono costretti da terzi ad essere messi in atto.
Gli individui inoltre sono liberi nel senso che possono liberamente utilizzare
tutti i beni che sono in loro legittimo possesso, per fini autodeterminati, a
patto che ciò non violi la stessa libertà di terzi.
Le argomentazioni che possono
supportare queste affermazioni sono molte, e nella storia della filosofia
morale e politica se ne possono trovare moltissimi esempi. Ma per adesso vorrei
occuparmi piuttosto di cercare di chiarire quali sono le caratteristiche intrapsichiche e comportamentali, connotanti
la libertà, che fungono da condizioni sufficienti per le quali noi possiamo
dare al termine “Libertà” un significato che possa essere usato nei nostri
discorsi in modo comprensibile. Rimanderò ad altro postil problema più schiettamente
etico e politico.
Come capiamo che gli esseri umani
sono liberi?
Di fatti, non lo capiamo, nel
senso che non possiamo capire a cosa si riferisce il termine libertà, poiché
non vi è nessuna “cosa” a cui “Libertà” si riferisce.
La libertà non è un oggetto
materiale ovviamente, ma piuttosto un oggetto puramente astratto. Essa è più
precisamente un evento il cui protagonista è un organismo umano (e anche
animale, come vedremo) che compie degli atti che noi presupponiamo essere atti di
scelta
Cos’è un atto di scelta? Un atto
di scelta è un certo atto che viene portato a compimento in alternativa ad un altro atto. La scelta
dunque ha una sua estensione materiale, che si concretizza nell’atto di scelta,
ed un presupposto stato mentale, che
si immagina consistere in una alternativa all’atto di scelta. Si presuppone
cioè una decisione, cioè una ponderazione tra più atti immaginati, e
una selezione di uno di questi atti.
Deliberazione
Ora abbiamo qualche elemento in
più per comprendere come potremmo fare per accorgerci che un essere umano è
libero. Ciò che possiamo vedere è semplicemente l’atto di scelta, cioè
l’effetto comportamentale del processo di scelta. Da un atto noi non riusciamo
ad inferire se vi sia stata una ponderazione e una selezione delle azioni che
poi sono state effettuate nella realtà. Non riusciamo cioè a desumere il
processo di deliberazione della
scelta. D’altro lato però noi possiamo non limitarci all’osservazione di un
singolo segmento del comportamento individuale. Possiamo osservare, e tutti i
giorni lo facciamo, il flusso del comportamento individuale, e partecipare di
molti atti di scelta. Questo flusso ha una caratteristica che può aiutarci
nell’impresa. Se facciamo attenzione alla messe di atti che individuo compi
giornalmente ci accorgeremo che essi non solo variano a seconda di quale sia la
materia sulla quale si deve agire, ma spesso anche negli atti che si
riferiscono alla medesima materia, in altre parole, l’indiiduo non si comporta
diversamente solo quando ha a che fare con situazioni diverse, ma può
comportarsi diversamente anche quando ha anche fare con la medesima situazione
per una seconda, o terza volta, dimostrando così una certa imprevedibilità e
non automaticità di comportamento. La variabilità e la indeterminatezza del comportamento, almeno sui tempi lunghi, possono in effetti lasciarci presumere che
“dietro” agli atti effettivi vi sia un qualche processo di deliberazione, il
quale a sua volta spiegherebbe la
variabilità e l’indeterminatezza del comportamento.
Chiariamo subito che tale
processo non deve per forza verificarsi consciamente, né deve necessariamente
essere una funzione di un certo organo biologico – il cervello per es. –
piuttosto che un altro, o dell’insieme degli organi. A noi basta convenire che
il processo di deliberazione è un entità astratta che ci permette di dare un
senso al comportamento umano. D’altra parte, tale entità può funzionare da
riferimento quando parliamo di libertà. Quando dunque usiamo la parola
“libertà” in un qualche contesto intendiamo dire, ceteris paribus, che in quel contesto è coinvolto un essere
umano, che è alle prese con un processo di deliberazione, cioè di ponderazione
di azioni e selezione di azioni, che potrebbe terminare con un atto che
chiameremo atto di scelta
Libertà animale
La libertà così intesa diviene
anche potenzialmente misurabile. Seguendo
la traccia del processo di deliberazione, infatti, possiamo dire che Il tasso di libertà di un
animale di qualsivoglia specie si misura dalla variabilità comportamentale e dalle
abilità cognitive che esso possiede. Un essere che, pur seguendo regole, non è mai interamente
prevedibile lascia intendere che l’”essere” sia proprio libero, cioè capace di variare le strategie adattive.
1. Imprevedibilità: non vi è modo di
predire l’intero corso del comportamento di una persona (come anche di
situazioni in cui son in ballo molti tipi
di eventi)
2. Variabilità: vi sono un numero alto di
strategie comportamentali in gioco, a seconda delle micro nicchie socio
ecologiche in cui si agisce, e un alto
tasso di socialità in generale.
Naturalmente la variabilità e
l’imprevedibilità del comportamento è misurabile in altre specie animali, e
certamente deve essere un tratto molto diffuso in natura
Valore della libertà
Fin’ora ho cercato di trovare un
modo che ci mettesse in grado di dare una definizione più stringente di
libertà. una definizione che ci permettesse di parlarne con maggiore cognizione
di causa. Ma la Libertà come processo di deliberazione non ci dice nulla sul
valore, in termini morali e politici, della libertà stessa. Non ci aiuta dunque
a rendere più chiaro il senso di A.
Essa, più precisamente, chiarisce
quale sia l’oggetto di valore della questione della libertà: Noi riteniamo che
la nostra libertà non può venire soppressa perché crediamo che il soggetto scelga
qualcosa, e non pensiamo che ciò che egli o ella sceglie sia qualcosa di
interamente predicibile tramite un qualche tipo di calcolo. La scelta che
faccio non è prestampata in un modulo il cui svolgimento comprende l’intero
dispiegarsi del mio comportamento, o almeno dei tipi di risposte che metto in
atto.
È proprio perché riteniamolo
impredicibile che i scelga x, che diamo l’attributo di scelta a quell’evento in cui il soggetto
i è coinvolto scegliendo x.
Come potremmo dare un valore ad x, se sapessimo che ciò che si è
verificato non è stato un atto di scelta, un evento sociale ed astratto, ma
solo un evento biologico dato dall’insieme degli eventi biologici di uno o più organismi
entro un certo lasso di tempo?
La scelta come output di un processo di deliberazione è dunque un
oggetto di valore. Ma ciò non dice
nulla su quale sia la fonte di quel
valore. Perché diamo valore alle scelte?
Noi inferiamo la libertà dal
comportamento, o meglio dall’analisi del comportamento di un individuo “nella
sua dinamicità e nell’arco della durata”. L’evoluzione del comportamento e
l’individuazione dei suoi costumi più frequenti è ciò che possiamo realmente
misurare del comportamento animale e umano con riferimento all’esercizio della
libertà.
Prima di affrontare il problema
del valore delle scelte, affronterò brevemente quello del Libero Arbitrio. Ciò
mi permetterà di chiarire alcuni concetti riguardanti la natura umana che
saranno utili anche per le problematiche etiche
La libertà come Libero Arbitrio
La concezione della libertà, secondo
la dottrina del cosiddetto “Libero Arbitrio”, è tutta poggiata sull’ipotesi che
vi sia un soggetto unitario, nella sua essenza, anche se composto da varie sub
strutture funzionali (cerebrali, psicologiche, biologiche ecc.) a cui imputare
il l’”iniziazione” di ogni suo atto
libero. L’atto è ponderato, selezionato e messo in esecuzione, come avviene nel
processo di deliberazione. Ma non è questo che connota l’atto come libero. Esso
è libero in quanto la fonte che lo
realizza è dotata di una proprietà speciale che causa il processo di deliberazione. Il Soggetto unitario, od una
parte di esso ritenuta centrale e gerarchicamente protagonista (l’anima,
l’intelletto, lo spirito ecc.) sono equipaggiati di una sorta di
“libertitudine” (la proprietà speciale di cui parlavo sopra)che rende liberi
gli atti tramite un processo di
deliberazione, e non grazie a tale
processo.
Nel quadro appena tracciato Il Soggetto cela nel buio della sua
mente, o anima, la decisione positiva o negativa iniziale nei rispetti di una
certa azione. Il Soggetto in questo modo , cioè grazie all’iniziazione del processo deliberativo, diviene anche responsabile del suo atto.
Come abbiamo visto, Libertà è un
termine astratto che si riferisce ad un processo di deliberazione composto di
varie fasi, cioè la ponderazione degli atti possibili, la selezione degli
stessi e la loro esecuzione.
Mentre nella concezione della
libertà come Libero Arbitrio il processo deliberativo non è il cardine della
libertà, poiché questo ruolo centrale è ricoperto da un qualche stato interiore
del soggetto di cui costituisce una proprietà speciale, dal quale il processo
prende le sue fila.
Bisogna subito notare che sia il
processo deliberativo che la proprietà speciale, la “libertitudine” dell’IO
sono entrambe stati interiori presupposti nel soggetto. Ciò che li differenzia
è il fatto che mentre il processo deliberativo è inferibile dal comportamento,
almeno come ipotesi capace di spiegarne le tipicità, la proprietà speciale non
è inferibile in alcun modo. Essa assomiglia molto al coleottero di Wittgenstein.
Non possiamo sapere se un
comportamento è libero perché è derivante da un processo di deliberazione o perché
tale processo di deliberazione dirige il comportamento perché a sua volta esso
è direzionato verso il comportamento
da un secondo meta elemento, che consta di uno stato interiore non altrimenti
conoscibile. Ciò che possiamo ipotizzare, dato l’effettivo comportamento degli
individui, è che in essi si svolga un processo deliberativo, ma dobbiamo
fermarci lì.
Il Soggetto Substrutturato
La consistenza del modello della
Libertà come Libero Arbitrio è messa in dubbio anche da un altro fatto: la
credibilità dell'esistenza di un soggetto unitario che dovrebbe essere portatore della
proprietà speciale della libertà. Se seguiamo le scoperte scientifiche
biologiche e neurobiologiche di praticamente gli ultimi duecento anni, ci
accorgiamo che il Soggetto non è affatto unitario. Esso non è composto da un
continuum, ma da innumerevoli sezioni discrete, o parti, che compongono tanto
la sua forma biologica che il suo apparato cognitivo - comportamentale.
Non sto dicendo, come l’ultima
filosofia, che il soggetto sia “destrutturato”. Esso è piuttosto Sub –
Strutturato. Conserva una sua struttura, la cui stabilità è indipendente dai
contesti o dai mezzi cognitivi con i quali la si osserva. In essa moduli
biologici e psicosociali si interpolano all’unisono, creando una miriade di
passaggi di mutua informazione, conducendo
verso la sopravvivenza dei moduli
stessi, nel loro maggior numero possibile, ( e dunque facendo sopravvivere l’individuo.)
Di nuovo, questo non vuol dire
che il soggetto scompare. Esso va solo visto con occhi diversi. Non c’è una
caratteristica “magica”, un’essenza unificante, che fa di un essere umano un essere umano. E’
l’insieme delle sub strutture cognitive e biologiche, nella loro variabilità, a dare il disegno personologico e attitudinale
di ognuno di noi. La “magia” sta nella coordinazione delle parti che producono
un comportamento unitario del soggetto tale che percepiamo, nelle sue risposte
comportamentali, il soggetto come
effettivamente unitario.
La substrutturalità del soggetto,
il suo essere un “composto” a cui si da una specie di nome collettivo, dunque, non
lo distrugge; impone solo di cambiare gli strumenti col quale guardare alla
Libertà.
Secondo questa interpretazione
del soggetto, La libertà è data dalla
capacità di tutte le sub strutture che compongono un individuo - e che tutte
insieme danno vita a quello che noi indichiamo come l’organismo individuale - di
agire variabilmente e impredicibilmente tramite
strategie che utilizzano le loro strutture fisico biologiche.
L’unicità del singolo organismo
non sta nella forma particolare che i geni e la storia di vita personale hanno dato ad un organismo umano. La sua
unicità sta nell’insieme delle sub strutture che, nella loro estrema
variabilità interindividuale, finiscono per orchestrare un individuo sempre
diverso dall’altro.
La libertà dunque sta in ciò che
si percepisce nell’analisi del comportamento di certi esseri viventi, e prende
vita secondo le forme di comportamento che i moduli biocognitivi che
interagiscono in un organismo producono.
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